giovedì 7 marzo 2019

USA, LA PRIMA POTENZA MILITARE DEL MONDO, DICHIARA IL VENEZUELA, CHE NON HA NEMMENO L'ATOMICA, UNA MINACCIA ALLA SICUREZZA NAZIONALE.

È il paradosso più eclatante tra i molti della crisi venezuelana: l’accusa al governo, rivolta già da Obama nel suo ordine esecutivo del 2015, di rappresentare «una minaccia straordinaria e inusuale alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati uniti».
Che gli USA volessero far credere di sentirsi minacciati dal Venezuela, dopo aver benedetto e promosso ogni iniziativa diretta a rovesciare i governi prima di Hugo Chávez e poi di Nicolás Maduro, aveva già lasciato tutti esterrefatti all’epoca. Ma ora la decisione di Trump di rinnovare il decreto per un altro anno suona ancora più insensata di fronte all’aggressione in atto contro il governo bolivariano e dopo le ripetute minacce di intervento militare.

Di un «errore storico» ha parlato il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza, il quale, in risposta a Trump, ha affermato che «il Venezuela non ha mai rappresentato una minaccia per nessun popolo del pianeta». «È inconcepibile – si legge nel comunicato emesso dal governo – che la prima potenza militare del pianeta, che non perde l’occasione di violare il diritto internazionale e usa sistematicamente la forza a favore dei propri interessi, pretenda di qualificare il Venezuela come una “minaccia”».

A minacciare, ancora una volta, è stato invece l’inviato speciale per il Venezuela Elliot Abrams, il quale ha evocato addirittura la possibilità di imporre sanzioni agli attori di paesi terzi che intrattengano rapporti commerciali con il Venezuela. «È una decisione possibile, ma non è ancora il momento», ha dichiarato Abrams, ribadendo come la via adottata dagli Stati uniti sia quella della «pressione diplomatica»: «Per quanto tutte le opzioni siano ancora sul tavolo – ha aggiunto – non abbiamo puntato su quella militare». E il consigliere per la Sicurezza della Casa bianca, John Bolton, fa sapere che gli Usa «stanno avvertendo le istituzioni finanziarie straniere che verranno colpite da sanzioni qualora facilitino transazioni a beneficio di Maduro e del suo entourage corrotto».

Dopo il fallimento dell’operazione degli aiuti umanitari, il pacifico rientro di Juan Guaidó nel paese e la speranza frustrata di una diserzione in massa dei militari, è facile immaginare che gli Usa non risparmieranno alcuno sforzo in termini di pressioni diplomatiche e di strangolamento economico.
Maduro, però, può intanto respirare. E martedì, nel corso della commemorazione del sesto anniversario della scomparsa di Chávez, dopo aver rinnovato il suo appello all’unità civico-militare dinanzi a quella che ha definito come una delle battaglie più epiche della storia venezuelana, ha invitato il popolo a partecipare a due grandi mobilitazioni in difesa della pace e della sovranità del paese: l’8 marzo nel quadro della festa delle donne e il 9 marzo in occasione proprio del quarto anniversario del decreto esecutivo di Obama.

(stralcio da Il Manifesto, 7 marzo 2019, di Claudia Fanti)

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