ll “golpe” di Guaidó in
Venezuela è una dimostrazione in vitro di come un fuoco concentrato di
balle, in termini moderni fake news, può far apparire reale l’irreale e
il falso.
Tutti i giornali e i media internazionali ci avevano rotto
i timpani facendoci intendere che in Venezuela era in atto un colpo di
Stato, che Caracas era nel caos, che erano in corso combattimenti, che
il presidente “usurpatore”Maduro stava per fuggire dal Paese e gettarsi
nelle braccia di Putin.
EBBENE PINO ARLACCHI, che non è proprio
l’ultimo venuto, essendo stato fra le tante altre cose sottosegretario
delle Nazioni Unite, che in quei giorni era a Caracas, quindi sul posto,
ha raccontato a Salvatore Cannavò del Fatto, forse l’unico giornale che
insieme al nostro governo, in questo caso a trazione Cinque Stelle, non
si è fatto abbagliare, una realtà molto diversa. Ha attraversato la
città e l’ha trovata tranquilla tranne che in piazza Altamira, luogo
tradizionale in cui si radunano i sostenitori della destra estrema, “i
guarimbas,
le squadre dei bulli dei quartieri alti che assaltano i cortei popolari picchiando, bruciando e sparando”.
Sono stato in Venezuela, per motivi personali e non professionali, a metà degli anni 90 prima che Chavez prendesse il potere.
Mille ricchissime famiglie di Caracas possedevano, in pratica, quasi
tutta la ricchezza nazionale, il resto era desolazione, miseria,
analfabetismo. Come avevo scritto in un altro pezzo (“Altro che Isis, i
terroristi più pericolosi sono gli Stati Uniti”, Il Fatto, 5 marzo
2019), basato su dati forniti dal Fmi e dalla Banca Mondiale, il
“chavismo”aveva lavorato ottimamente in Venezuela: le spese sociali
avevano raggiunto il 70 per cento del bilancio dello Stato, il Pil pro
capite era triplicato in poco più di 10 anni, la povertà era passata dal
40 al 7 per cento, la mortalità infantile dimezzata, la malnutrizione
era diminuita dal 21 al 5 per cento, il coefficiente Gini di
disuguaglianza sociale era sceso al livello più basso dell’America
Latina, l’analfabetismo praticamente azzerato.
Alla morte di Chavez
gli Stati Uniti hanno colto la palla al balzo per abbattere questo
scandalo: un Paese socialista che si permetteva di migliorare invece che
peggiorare. Hanno sottoposto il Venezuela a sanzioni economiche e
sociali sempre più pressanti. È chiaro che in questo modo si mette
facilmente in ginocchio un Paese, qualsiasi Paese. Racconta ancora
Arlacchi (menomale che qualcuno d’unasinistra non comunista esiste
ancora, peraltro qualcosa in questo senso si vede adesso in Spagna dove
il governo socialista di Pedro Sanchez ha finalmente un programma
socialista): “Le sanzioni economiche americane tagliano le medicine, il
rapporto Sachs spiega molto bene che negli ultimi due anni a seguito
delle sanzioni sono morte 40 mila persone in più soprattutto per la
mancanza di medicine come l’insulina o i farmaci anti-Hiv, il governo ha
i soldi per comprare ma le banche internazionali si rifiutano di
eseguire le transazioni”.
Capite allora chi è che domina la danza?
Capite che quando qualcuno parla di “poteri forti” (non è il mio caso,
mi sembra un’espressione troppo vaga) non sta vaneggiando? Adesso gli
americani, visto che il fantoccio Guaidó non regge più, minacciano un
intervento armato in Venezuela se dobbiamo dar retta alle parole del
segretario di Stato Mike Pompeo (basta guardarlo in faccia, costui, per
capire di che pasta è fatto). Io non posso credere che gli americani
vogliano ripetere in Venezuela gli errori, e gli orrori, che anche con
la complicità di alcuni Paesi europei, Francia in testa, hanno compiuto
in Serbia nel 1999, in Iraq nel 2003, in Libia nel 2011.
DOMENICA 12
MAGGIO parteciperò a un convegno a Brescia in cui parlerò del “diritto
dei popoli di filarsi da sé la propria storia”. Cioè del diritto
all’autodeterminazione sancito peraltro solennemente a Helsinki nel 1975
da quasi tutti gli Stati del mondo. Questo diritto è stato stracciato
non solo nei Paesi che abbiamo nominato, ma anche nell’ex Africa Nera da
cui ci giungono le migrazioni che tanto ci preoccupano o fingono di
preoccuparci. L’Onu non conta più nulla, quel poco di diritto
internazionale che ancora esisteva nemmeno. Alla forza del diritto
abbiamo sostituito definitivamente il diritto della forza. Una
concezione che sarebbe piaciuta ad Adolf Hitler.
(Massimo Fini - Il Fatto Quotidiano, 4 maggio 2019)
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