lunedì 29 aprile 2019

CONVIVENZA DEMOCRATICA IN VENEZUELA. L'ERRORE DELL'OPPOSIZIONE SULL'IMMINENTE COLLASSO ISTITUZIONALE E LA NECESSITA' DI ROMPERE IL FALSO DILEMMA

Il commento di Temir Porras, ex capo di gabinetto di Nicolas Maduro tra il 2007 e il 2013 e attualmente visiting professor presso l'Istituto di studi politici di Parigi, sulla situazione in Venezuela e 'la terza via'.

Sono trascorsi più di tre mesi da quando il Venezuela è entrato, il 23 gennaio, in una fase surreale della sua lunga crisi politica.
Durante questo periodo, il presidente Nicolás Maduro è rimasto in possesso di attributi fondamentali dell'esercizio del potere (capo della pubblica amministrazione e comando delle forze armate), ma ha dovuto convivere con la figura di Juan Guaidó, che non ha potere effettivo, ma gode del sostegno del Parlamento, del riconoscimento di un gruppo di paesi, prevalentemente latinoamericani ed europei, oltre che del Canada e ovviamente degli Stati Uniti.

Se la convivenza di due presidenti nello stesso sistema politico è assurda di per sé, è ancora più vero che questa situazione è stata prolungata nel tempo senza una chiara prospettiva di risoluzione. La realtà è che coloro che dentro e fuori il Venezuela hanno promosso il percorso di autoproclamazione di Juan Guaidó come alternativa al secondo mandato di Nicolas Maduro, lo hanno fatto sul presupposto debole che, nel contesto di profonda crisi economica, sociale e umanitaria che vive il paese, il massiccio riconoscimento internazionale sarebbe stato un elemento catalizzatore di un collasso istituzionale che avrebbe portato, in pochi giorni, al rovesciamento di Maduro. Che la realtà fosse testarda non era, semplicemente, nei loro piani.

La seconda ipotesi fantasiosa su cui si basa questa strategia è che le uniche forze democratiche in Venezuela sono quelle che costituiscono la coalizione anti-Chavez che dominano l'Assemblea Nazionale dal dicembre 2015. Questa enorme semplificazione ha portato a supporre che fosse sufficiente operare un processo di sostituzione degli avverari storici di Chavez, a prescindere dalle controversie interne all'opposizione stessa che hanno minato la possibilità di una convivenza democratica in Venezuela molto prima della crisi attuale.
Infine, in un paese dove la venerazione patriottica del Libertador
Simón Bolívar è un elemento fondante della nazione e della Forza Armata Nazionale Bolivariana, aver supposto che una soluzione consensuale potesse arrivare dal candidato indicato e incondizionatamente sostenuto dal governo degli Stati Uniti, significa ignorare la storia dell'America Latina.
Pensare seriamente a un'alternativa politica efficace per il Venezuela è oggi più che mai un imperativo morale. Perché un'altra dura realtà è che non ci sarà alcuna soluzione alla situazione economica e sociale disperata in cui i venezuelani sono piombati se non recuperiamo la nostra capacità istituzionale di generare politiche pubbliche. Siamo stati in molti a sottolineare che l'origine e la responsabilità della crisi ricadono sull'irrazionalità economica del governo di Maduro. Ma detto questo, è anche vero che il conflitto tra l'Assemblea Nazionale e l'Esecutivo ha generato dal 2016 un vuoto giuridico che impedisce il normale sviluppo dell'economia nazionale, e da agosto 2017 le sanzioni finanziarie imposte dagli Stati Uniti impediscono l'accesso del paese e della nostra industria petrolifera ai finanziamenti internazionali. Dal gennaio 2019, il governo degli Stati Uniti ha avviato una nuova escalation di sanzioni che cerca apertamente di soffocare il governo venezuelano, impedendo l'accesso al mercato del petrolio e il congelamento dei beni del governo venezuelano all'estero. Il problema evidente è che non si soffoca un governo ma un intero paese
partendo dal presupposto errato che produrre una grande sofferenza significa produrre un cambiamento politico. La sofferenza c'è, il cambiamento politico in questi tre mesi no. Dunque è stata una mera ipotesi.

Il primo passo da fare è sbarazzarsi della camicia di forza imposta dalla polarizzazione politica. Sebbene la divisione tra chavismo e l'anti-chavismo sia ancora rilevante nella valutazione delle sensibilità politiche, il popolo venezuelano è in gran parte a favore della democrazia, come sistema di governo, e della coesistenza e del dialogo come metodi per risolvere le differenze. Coloro che concepiscono la politica come una guerra in cui la vittoria consiste nell'eliminazione dell'avversario sono, senza dubbio, minoranze fanatiche e rumorose, ma alla fine sono delle minoranze.

A dispetto di quanto pensano molti di coloro che osservano da lontano la politica venezuelana, l'immensa maggioranza dei referenti politici chavisti e anti-chavisti, così come i leader della società civile, sono a favore del dialogo come mezzo per superare la crisi e
perfettamente consapevoli del pericolo imminente di disintegrazione che la nostra società deve affrontare.

Forse sorprenderà sapere che la Forza Armata Nazionale Bolivariana è ben consapevole della grave congiuntura che attraversa la nazione, ed è favorevole ad una soluzione politica democratica e rispettosa della sovranità venezuelana, di cui si sente il legittimo tutore. Coloro che la percepiscono come una guardia pretoriana di Maduro cadono in un errore di valutazione e, su questa erronea valutazione, la insultano. Offendere o minacciare l'esercito con cui Bolívar ha dato l'indipendenza a metà del Sud America è uno strano modo di plasmare un futuro politico in Venezuela.

Sfortunatamente, coloro che guidano i due poli oggi hanno molto più presente il loro progetto di potere rispetto al loro progetto di paese, e sono i principali attori nel mantenere una situazione di conflitto latente. Ridurre la complessa situazione venezuelana alla scelta tra due leader significa perdere di vista il fatto che la posta in gioco è proprio la fattibilità della nostra società e del nostro sistema democratico.

E' tempo di rompere il falso dilemma.


Le numerose leadership politiche e sociali della tradizione chavista, anti-chavista e indipendente, devono fare degli sforzi in questo momento dentro e fuori il Venezuela per creare spazi di dialogo e comprensione. Siamo tutti d'accordo che la concertazione è necessaria per il normale funzionamento delle nostre istituzioni democratiche, basato su un accordo nazionale inclusivo che garantisca la coesistenza politica di tutti. Abbiamo opinioni diverse sulla strada da seguire, ma siamo d'accordo sul fatto che alla fine del processo devono esserci elezioni popolari in grado di rinnovare la classe dirigente. L'urgenza di dedicarci al più presto per lavorare al superamento dei problemi economici e sociali che ci travolgono ci impedisce di rimanere oziosi come spettatori passivi di un conflitto di potere.


Certamente, un processo di dialogo politico nazionale dovrebbe idealmente includere i due protagonisti della crisi. Questo non è possibile in un futuro immediato, ma è necessario iniziare il cammino anche senza di loro, riunendo tutti i sostenitori di un processo pacifico, democratico e inclusivo basato su una grande forza sociale e sull'idea di agire su ciò che ci unisce contro la prospettiva di distruzione totale del tessuto politico, economico e sociale.

Coloro che appartengono alla comunità internazionale, che sinceramente sostengono di voler promuovere un superamento della crisi dovrebbero ripensare la loro strategia alla luce della situazione di stallo in cui il Venezuela versa da tre mesi, e deve risolutamente sostenere questi sforzi nascenti. Il tempo gioca contro l'intero popolo venezuelano.

(fonte: LINK)

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