L'ORO
DEL VENEZUELA SEQUESTRATO, MA IL PROBLEMA E' DI MOLTI PAESI: 200MILA
LINGOTTI D'ORO DI PRORIETA' DI 70 NAZIONI, COMPRESA L'ITALIA
Torna in
auge sulla stampa la questione dell'oro del Venezuela ostaggio della
Banca d’Inghilterra. Per solidarietà? Ovviamente no. Il problema adesso
riguarda 70 Paesi. E scoppia il panico.
A fine Agosto, il Banco Central de Venezuela, per conto del Governo della
Repubblica del Venezuela, ha richiesto la restituzione urgente di 1,4
tonnellate di lingotti d'oro custoditi presso l'istituto. Non bastavano
evidentemente le sanzioni. A tre mesi di distanza (un'eternità sul
mercato dell'oro) in Venezuela non è arrivato nemmeno un grammo d'oro.
Stiamo parlando del 10% delle riserve auree venezuelane sotto sequestro
inglese senza alcuna ragione apparente. E senza alcuna base legale.
Salvo una, davvero sorprendente: sul contratto di custodia dell’oro, la
Banca d’Inghilterra ha scritto in piccoli caratteri una clausola che
parla da sé: «La Bank of England si riserva il diritto di non restituire
l’oro sovrano in custodia e di impedirne anche la visione». A questo
punto la stampa mianstream si agita. Il Sole24Ore, ad esempio: "Che
dire? O forse, che cosa non dire: perché se anche il Governo italiano ha
davvero fretta di riportare in patria le sue 300 tonnellate d’oro prese
in consegna nel dopoguerra dal governo inglese (altre 300 tonnellate
sono in custodia alla Federal Reserve di New York), farebbe bene a non
spedire a Londra raccomandate con «carattere d’urgenza»", come ha fatto
il Venezuela. E continua: "Questo non è certamente il periodo migliore
per mettere pressione agli inglesi, soprattutto sui depositi di oro
sovrano: tra le ansie per la Brexit, la paura di un crollo dei bond e
delle Borse e la miriade di incertezze valutarie e geopolitiche globali,
l’oro sovrano è tornato ad occupare un ruolo chiave per Stati e
mercati. Sia come riserva di valore in caso di crisi valutaria o
sistemica, sia come garanzia collaterale per gli investimenti
speculativi o per il bilanciamento dei rischi di portafoglio".
Non
solo, Il Sole24Ore aggiunge: "è bene fare attenzione: la segretezza che
circonda la gestione delle riserve auree straniere è talmente alta e
protetta da aver creato forti sospetti su un loro utilizzo improprio
[...] I lingotti di altre nazioni verrebbero dati in prestito (a loro
insaputa) a banche ed hedge fund, o cartolarizzati in Gold Certificates,
dietro l’impegno delle parti a non reclamare mai la proprietà dei
lingotti alla scadenza dell’operazione. Tutto deve chiudersi in dollari o
sterline. Una PRATICA chiaramente VIETATA, ma resa possibile proprio
dal controllo esclusivo e insindacabile esercitato dai due grandi
«Goldbusters» dell’oro sovrano degli altri Paesi. Sempre che qualcosa
non vada storto sul mercato, o che a mandare il gioco in crisi sia
un’ondata imprevista di richieste di rimpatrio di oro straniero". Cosa
che ha fatto, legittimamente il Venezuela.
IL MESSAGGIO IN CODICE A 70 NAZIONI.
Le motivazioni del sequestro dell'oro? "Dietro la “stangata” ai
venezuelani ci sarebbe un messaggio in codice per le altre 70 nazioni
che potrebbero chiedere indietro agli inglesi il proprio tesoro
nazionale. La paura di una sovranità limitata sull’oro sovrano è una
spinta potente e pericolosa all’aumento delle richieste di rimpatrio di
centinaia di tonnellate di riserve auree. Sono decine i Paesi che non
riescono a riprendersi il proprio oro da Londra (e da New York). Oltre
al tesoro di Caracas e a quello della Banca d’Italia, la Bank of England
tiene sotto chiave altri 200mila lingotti d’oro sovrano di proprietà
dei governi di oltre 70 nazioni: sono 1.500 quintali di metallo giallo
purissimo su uno stock totale di 3.210 quintali d’oro “sepolti”
ufficialmente sotto il letto del Tamigi. Per quasi un secolo, nessuno ha
messo in dubbio la sicurezza delle riserve auree europee recuperate
dagli alleati dopo la guerra e prese in custodia dalla Bank of England e
dalla Federal Reserve. Gli stock hanno avuto negli anni fluttuazioni
marcate, registrando un fortissimo esodo soprattutto nel decennio
post-Lehman e della grande crisi finanziaria mondiale, ma secondo i dati
della Banca dei Regolamenti Internazionali di Ginevra, quasi la metà
dei 1.360 miliardi di dollari delle riserve auree mondiali è ancora
nelle mani dei due grandi guardiani della finanza internazionale. Ma
riprendersele non è più tanto facile.
IL CASO DELLA GERMANIA
"Poco prima del blitz inglese sull’oro del Venezuela, era stata infatti
la Fed di New York a bloccare inspiegabilmente il rimpatrio a
Francoforte di 130 tonnellate d’oro sovrano appartenenti alla Repubblica
federale tedesca: solo nel 2017, dopo oltre un anno di trattative
infruttuose con i vertici della Fed, Berlino minacciò l’apertura di una
crisi diplomatica e riuscì così a riprendersi l’oro".
Per il
Venezuela, la speranza di rientrare in possesso di quei 600 milioni di
dollari in lingotti d’oro purissimo appare molto remota. Nessun paese ha
chiesto pubblicamente spiegazioni a Londra sul merito finanziario o
politico di questa vicenda. Lo stop al rimpatrio dell’oro venezuelano è
arrivato dopo mesi e mesi di analoghe richiesta provenienti dall’Europa
centrale e dall’Asia.
Quando c’è di mezzo la sicurezza dell’oro della “patria”, litigare con il cassiere non conviene a nessuno. Tutti servi.
Appunto.
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