giovedì 6 dicembre 2018

L'ORO DEL VENEZUELA SEQUESTRATO, MA IL PROBLEMA E' DI MOLTI PAESI, ANCHE L'ITALIA

L'ORO DEL VENEZUELA SEQUESTRATO, MA IL PROBLEMA E' DI MOLTI PAESI: 200MILA LINGOTTI D'ORO DI PRORIETA' DI 70 NAZIONI, COMPRESA L'ITALIA 

Torna in auge sulla stampa la questione dell'oro del Venezuela ostaggio della Banca d’Inghilterra. Per solidarietà? Ovviamente no. Il problema adesso riguarda 70 Paesi. E scoppia il panico.

A fine Agosto, il Banco Central de Venezuela, per conto del Governo della Repubblica del Venezuela, ha richiesto la restituzione urgente di 1,4 tonnellate di lingotti d'oro custoditi presso l'istituto. Non bastavano evidentemente le sanzioni. A tre mesi di distanza (un'eternità sul mercato dell'oro) in Venezuela non è arrivato nemmeno un grammo d'oro.
Stiamo parlando del 10% delle riserve auree venezuelane sotto sequestro inglese senza alcuna ragione apparente. E senza alcuna base legale. Salvo una, davvero sorprendente: sul contratto di custodia dell’oro, la Banca d’Inghilterra ha scritto in piccoli caratteri una clausola che parla da sé: «La Bank of England si riserva il diritto di non restituire l’oro sovrano in custodia e di impedirne anche la visione». A questo punto la stampa mianstream si agita. Il Sole24Ore, ad esempio: "Che dire? O forse, che cosa non dire: perché se anche il Governo italiano ha davvero fretta di riportare in patria le sue 300 tonnellate d’oro prese in consegna nel dopoguerra dal governo inglese (altre 300 tonnellate sono in custodia alla Federal Reserve di New York), farebbe bene a non spedire a Londra raccomandate con «carattere d’urgenza»", come ha fatto il Venezuela. E continua: "Questo non è certamente il periodo migliore per mettere pressione agli inglesi, soprattutto sui depositi di oro sovrano: tra le ansie per la Brexit, la paura di un crollo dei bond e delle Borse e la miriade di incertezze valutarie e geopolitiche globali, l’oro sovrano è tornato ad occupare un ruolo chiave per Stati e mercati. Sia come riserva di valore in caso di crisi valutaria o sistemica, sia come garanzia collaterale per gli investimenti speculativi o per il bilanciamento dei rischi di portafoglio".
Non solo, Il Sole24Ore aggiunge: "è bene fare attenzione: la segretezza che circonda la gestione delle riserve auree straniere è talmente alta e protetta da aver creato forti sospetti su un loro utilizzo improprio [...] I lingotti di altre nazioni verrebbero dati in prestito (a loro insaputa) a banche ed hedge fund, o cartolarizzati in Gold Certificates, dietro l’impegno delle parti a non reclamare mai la proprietà dei lingotti alla scadenza dell’operazione. Tutto deve chiudersi in dollari o sterline. Una PRATICA chiaramente VIETATA, ma resa possibile proprio dal controllo esclusivo e insindacabile esercitato dai due grandi «Goldbusters» dell’oro sovrano degli altri Paesi. Sempre che qualcosa non vada storto sul mercato, o che a mandare il gioco in crisi sia un’ondata imprevista di richieste di rimpatrio di oro straniero". Cosa che ha fatto, legittimamente il Venezuela.

IL MESSAGGIO IN CODICE A 70 NAZIONI.
Le motivazioni del sequestro dell'oro? "Dietro la “stangata” ai venezuelani ci sarebbe un messaggio in codice per le altre 70 nazioni che potrebbero chiedere indietro agli inglesi il proprio tesoro nazionale. La paura di una sovranità limitata sull’oro sovrano è una spinta potente e pericolosa all’aumento delle richieste di rimpatrio di centinaia di tonnellate di riserve auree. Sono decine i Paesi che non riescono a riprendersi il proprio oro da Londra (e da New York). Oltre al tesoro di Caracas e a quello della Banca d’Italia, la Bank of England tiene sotto chiave altri 200mila lingotti d’oro sovrano di proprietà dei governi di oltre 70 nazioni: sono 1.500 quintali di metallo giallo purissimo su uno stock totale di 3.210 quintali d’oro “sepolti” ufficialmente sotto il letto del Tamigi. Per quasi un secolo, nessuno ha messo in dubbio la sicurezza delle riserve auree europee recuperate dagli alleati dopo la guerra e prese in custodia dalla Bank of England e dalla Federal Reserve. Gli stock hanno avuto negli anni fluttuazioni marcate, registrando un fortissimo esodo soprattutto nel decennio post-Lehman e della grande crisi finanziaria mondiale, ma secondo i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali di Ginevra, quasi la metà dei 1.360 miliardi di dollari delle riserve auree mondiali è ancora nelle mani dei due grandi guardiani della finanza internazionale. Ma riprendersele non è più tanto facile.

IL CASO DELLA GERMANIA
"Poco prima del blitz inglese sull’oro del Venezuela, era stata infatti la Fed di New York a bloccare inspiegabilmente il rimpatrio a Francoforte di 130 tonnellate d’oro sovrano appartenenti alla Repubblica federale tedesca: solo nel 2017, dopo oltre un anno di trattative infruttuose con i vertici della Fed, Berlino minacciò l’apertura di una crisi diplomatica e riuscì così a riprendersi l’oro".

Per il Venezuela, la speranza di rientrare in possesso di quei 600 milioni di dollari in lingotti d’oro purissimo appare molto remota. Nessun paese ha chiesto pubblicamente spiegazioni a Londra sul merito finanziario o politico di questa vicenda. Lo stop al rimpatrio dell’oro venezuelano è arrivato dopo mesi e mesi di analoghe richiesta provenienti dall’Europa centrale e dall’Asia.

Quando c’è di mezzo la sicurezza dell’oro della “patria”, litigare con il cassiere non conviene a nessuno. Tutti servi.
Appunto.

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